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Immagine del redattoreCristina Maderni

Svizzera-Italia: l'accordo scordato

RSI News 17 giugno 2020


Perché l'accordo sulla fiscalità dei frontalieri non è mai stato siglato? Alfieri: "Errore italiano, ma mette in discussione i ristorni" - Gobbi: "Disposti a confrontarci, ma bisogna arrivarne ad una"



Perché l’accordo tra Svizzera ed Italia sull’imposizione dei lavoratori frontalieri parafato nel 2015 e che dovrebbe sostituire quello del 1974 non è mai stato approvato? Ora cosa succederà? Modem ha cercato stamane di capire a che punto siamo in questo spinoso dossier, dopo l'incontro tra Ignazio Cassis e Luigi Di Maio.


"L'errore italiano è stato quello di negoziare l’accordo del 2015 dalla parte tecnica con poco contatto con quella politica. Oggi non c’è la volontà di non affrontare il tema e spero che Norman Gobbi possa venire a Roma a discuterne. Perché sono convinto che con il confronto una soluzione si possa trovare. Ma non può essere quella trovata precedentemente perché ci sono troppe criticità: è discriminante e rischia di mettere in discussione i ristorni per i comuni di confine", ha spiegato il senatore del PD Alessandro Alfieri, membro della commissione affari esteri.


"Non sono mai per rappresaglie o minacce. Penso che la libera circolazione sia un valore e che le economie di frontiera si reggono perché le frontiere rimangono aperte. La ricchezza si crea con la libera circolazione, poi ci vogliono i correttivi. Da parte nostra c’è la volontà di sederci attorno ad un tavolo. Evidentemente però ad una pre-condizione: le discriminazioni nei confronti dei lavoratori frontalieri non sono accettabili. Anche nel periodo del covid ho visto cartelli e scritte nei confronti dei lavoratori frontalieri che in qualche modo fanno intravvedere un razzismo di fondo. E questo non va bene", ha concluso il deputato di Varese.

"Secondo me l’errore nel 2015 è stato quello di firmare un protocollo e non degli accordi. Noi abbiamo rispettato la road map, la controparte non l’ha rispettata", ha replicato la presidente della Federazione ticinese dei fiduciari Cristina Maderni.

"Siamo sempre disposti a dialogare e confrontarci, ma ad un certo punto bisogna arrivarne a una. Perché le aspettative sono ampie: ricordiamo che a cittadini ed operatori economici svizzeri il mercato italiano è ancora precluso. E penso in particolare alle attività rappresentate da Maderni. Per il Ticino sono importanti. Ma lo sono anche per la crescita di un territorio ed in questo senso la collaborazione lungo il confine deve passare anche dalla reciprocità, che oggi non è garantita", ha sostenuto da parte sua il presidente del Governo ticinese Norman Gobbi.


"Il Consiglio di Stato – ha poi ricordato Gobbi - ha dato mandato all’Università di Lucerna di verificare le conseguenze di un'eventuale disdetta dell’accordo del 1974. Appena avremo tutte le informazioni richieste ne discuteremo con l’autorità federale. Questo perché l’accordo del 1974 non è più conforme: non trova più applicazione con il nuovo quadro normativo svizzero ed italiano. Cosa che porterebbe ad un’imposizione su territorio svizzero e anche su territorio italiano nel rispetto della parità di trattamento di fronte al fisco".



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