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Immagine del redattoreCristina Maderni

CRISTINA MADERNI: “Non credo nell’accumulo di cariche politiche”

LIB-#16, gennaio 2024 di Matilde Casasopra Bonaglia


Lavoro, politica, passioni,... Ritratto di una donna coraggiosa che ama mettersi alla prova. Candidandosi al Consiglio di Stato ma anche entrando a piedi scalzi nel "Tempio dei topi "

in India


Fine Ottocento. La seconda rivoluzione industriale è partita da poco (1870), ma il lavoro di semina e raccolto nei campi è quello di sempre e, soprattutto nelle risaie, sono le donne ad essere impiegate da mattino a sera per pochi spiccioli. Sono proprio le donne a dare il “la” ad una rivoluzione che unirà lavoratrici e lavoratori in una lega che condivide aspettative e rivendica giustizia. “Sebben che siamo donne” diventa una canzone che si trasforma in inno.


“Sebben che siamo donne” è il titolo di questa rubrica che, mese dopo mese, vuol farvi conoscere donne speciali. La prima ospite, a settembre 2022, è stata Carla Del Ponte; poi, nei tre mesi successivi si sono raccontate a Lib- Laura Silvia Battaglia, Federica De Rossa e Valeria Doratiotto Prinsi. Da gennaio 2023, si sono succedute: Roberta Cattaneo, Sandra Manca, Monica Duca Widmer, Franca Verda Hunziker, Rosanna Michelotti, Gabriella “Gaby” Malacrida, Morena Ferrari-Gamba, Elvira Dones, Anna Giacometti, Elisabetta Morandi e, a dicembre 2023, Giovanna Masoni. Prima ospite di “Sebben che siamo donne” del 2024…


Non perché è presidente della FTAF (Federazione ticinese delle Associazioni dei fiduciari), né perché è la vice presidente della Camera di Commercio dell’industria e dell’artigianato del Cantone Ticino (Cc-Ti) o perché è fondatrice e titolare, dal 1989, di uno dei più quotati studi fiduciari di Lugano, ma oggi incontriamo Cristina Maderni perché a colpirmi ed incuriosirmi è stato un passaggio contenuto in uno dei racconti di viaggio proposti nella rubrica “Giramondo” da suo marito – e mio collega a Lib- – Alberto Lotti. Questo: “(…) la guida suggerisce una digressione volta a visitare il “Karni Mata”, tempio dedicato alla donna che nel Quattrocento pose la prima pietra del forte Junagarh della vicina Bikaner, oggi venerata in tutto il Rajasthan come reincarnazione della dea guerriera Hinglaj. Negli anni, il tempio si popolò di ratti neri, anch’essi rispettati con devozione. Divenuto noto come “Tempio del Topo”, è ormai feudo di venticinque mila roditori che, ben nutriti dai custodi, hanno perso ogni aggressività, fino al punto da correre impavidi fra i fedeli in visita. Dopo un momento di incertezza, mia moglie Cristina accetta la sfida e con abnegazione si avventura, scalza, fra i vicoli del tempio. Un percorso gioioso, ricco di luce e di trepidazione, in cui il visitatore si mostra indifferente ai topi che lo sfiorano. Al termine del cammino, i custodi del tempio offrono cibo a tutti, pellegrini e animali, indifferentemente (…)”. (la versione integrale alle pagg. 18-19 di Lib- 13). Non che la scrivente tema i topi (il marito la chiamava “Topino”), ma tra il timore e il coraggio di avventurarsi scalzi tra migliaia di esemplari della famiglia dei Muridi ci passa più di una differenza. Cristina Maderni, invece, nel “Tempio del Topo” ci è proprio entrata.


L’idea di rimandare l’esperienza non l’ha neppure sfiorata?

“Certo che mi ha sfiorata, ma… quando mai sarei tornata lì? Così mi sono tolta le scarpe e mi sono avventurata tra le migliaia di topi di varie dimensioni che popolano il tempio scorrazzandovi liberamente e allegramente. La cosa che mi ha impressionato maggiormente? Durante tutta la visita non uno di questi ‘padroni di casa’ mi ha anche solo sfiorata e, gliel’assicuro, erano davvero molto numerosi”.


Oltre ad essere imprenditrice di successo è dunque anche donna coraggiosa?

“Guardi, non so se sono coraggiosa. So però che mio padre – una delle persone fondamentali nella mia vita – ha insegnato a me e a mia sorella ad essere responsabili delle nostre azioni. Poi, con gli anni, ho imparato che l’unica persona con la quale mi toccherà convivere fino alla fine sono io e così mi sono detta che valeva la pena che io e me imparassimo ad andare d’accordo. Davanti a una scelta – che proprio perché tale comporta sempre una rinuncia – solitamente decido perciò di mettermi alla prova”.


È stato così anche per la politica? Glielo chiedo perché, come PLR, lei compare solo nel 2019 e, a quell’epoca, ha già superato i 50…

“Ebbene sì. È andata così anche in politica. Mi sono messa alla prova. Ho accettato la sfida. A dir la verità ero già stata contattata nel 2015, ma avevo declinato l’invito. Il lavoro – e i vari incarichi ad esso legati – mi stavano impegnando a 360 gradi e non mi sembrava il momento giusto per aggiungere legna al fuoco. Sono, da sempre, una persona convinta si debba fare il passo secondo la gamba e poi… avevo sperimentato alcuni mesi prima quanto gli imprevisti della vita possono incidere nel normale corso delle proprie attività”.


Ovvero?

“Mio marito era stato operato ed ospedalizzato per diverso tempo. Ricordo le mie giornate di allora con smarrito stupore. Sebbene da sempre sia una persona che si alza presto al mattino, non so se ce la farei ancora oggi ad alzarmi alle 5 non per fare sport e riordinare le idee, ma per portare i cani a passeggio, andare in ufficio, passare in ospedale, tornare a casa per i cani, rientrare in ufficio, partecipare alle riunioni, fare la spesa, tornare in ospedale e quindi di nuovo a casa per chiudere i lavori lasciati in sospeso. La malattia, altrui o propria, è un imprevisto della vita con la quale in molti devono fare i conti e, come dicevo, il problema mi era molto presente”.


Sta di fatto però che nel 2019 acconsente a candidarsi per il PLR. Perché?

“Perché ho pensato che impegnandomi in politica avrei potuto realizzare quanto sogno per il Ticino: una crescita armoniosa e un benessere condiviso. D’altronde penso che il PLR mi abbia cercato proprio perché ho acquisito, con gli anni, competenze e conoscenze in ambito economico utili alla prosperità del Paese. Lo dico con umiltà visto che, fortunatamente, ogni giorno della mia vita coincide con l’apprendimento di qualcosa di nuovo, fatto questo che, per me, significa che la vita va avanti e ha ancora un senso”.


Va bene, ma converrà con me che di economia e di benessere del Paese non si occupa solo il PLR. Se a sollecitarla fosse stato, esemplifico, il PS, cosa avrebbe risposto?

“Semplicemente che, pur trovandomi d’accordo su alcune misure – prima fra tutte la necessità di sostenere con interventi mirati e non ad innaffiatoio le persone in difficoltà – mi riconosco più facilmente nei principi cardine del liberalismo - la responsabilità individuale in primis – piuttosto che nel collettivismo spesso foriero di errori anche macroscopici a causa di un certo immobilismo legato a un’espressione piuttosto diffusa anche in Ticino: “Si è sempre fatto così”. Evolvere è invece necessario. Vede, con il mio lavoro sono spesso confrontata con i bilanci di aziende anche importanti. Ebbene, nessuna di queste aziende applica, al suo interno, la rigidità che trovo invece nell’amministrazione cantonale. Il mondo si trasforma in fretta e quindi alcune cose che magari fino a ieri funzionavano alla perfezione devono oggi essere rivedute e corrette. Le aziende private lo fanno. Ne va della loro stessa sopravvivenza. L’azienda Cantone – un’azienda da 4 miliardi di franchi l’anno – mantiene tutto inalterato preferendo continuare a praticare il taglio lineare, mettendo così a rischio l’efficienza stessa dello Stato”.


Il Cantone è il grande Stato, ma i Comune è il piccolo Stato. Il 2024 è anno di elezioni comunali. Lei sarà in lista per il PLR di Melide?

“No, non ci sarò per almeno due motivi. Il primo è che non credo nell’accumulo di cariche politiche; il secondo è che se sono in Gran Consiglio non posso essere anche in Consiglio comunale e questo perché, qualora vi fossero diatribe tra Cantone e Comune – basti pensare alla perequazione – per mandato sarei tenuta a salvaguardare gli interessi del Cantone, ma potrei essere in conflitto con quelli del mio Comune. No. Sinceramente lo sdoppiamento della personalità non fa per me e quindi… non sarò in lista”.


È questo il motivo per il quale non ha firmato l’interpellanza di Sara Beretta Piccoli e Massimo Mobiglia sulla questione Ticiconsult Sagl sulla quale ha poi rilasciato diverse interviste?

“Senta, io non ho firmato semplicemente perché la questione mi ha coinvolta come presidente della FTAF e, come tale, sono stata chiamata a trattarla ben prima dell’interpellanza. Firmare quest’atto parlamentare avrebbe significato mescolare la politica a una questione che, per me, è essenzialmente professionale. Il mondo dei fiduciari ha fatto tanto per garantirsi rispettabilità, regole e trasparenza. Come presidente il mio compito è mantenere inalterata questa situazione e, laddove possibile, migliorarla ulteriormente”.


Scusi se glielo chiedo adesso sul finale, ma… perché ha scelto la professione del fiduciario?

“C’entra il mio papà. Ricorda? Le ho detto che è stato una delle persone fondamentali della mia vita. È stato con lui che, a 16 anni, quando ancora non sapevo cosa avrei fatto da grande, ho cominciato ad occuparmi di cifre e di contabilità. Lui, papà, aveva una ditta di impianti elettrici. È vero che lo accompagnavo anche sui cantieri (inter nos: anche oggi so destreggiarmi con cavi e prese), ma mi sono accorta che i risultati migliori li conseguivo in ufficio. Così ho studiato e conseguito l’attestato federale nel 1989 quando, con una certa incoscienza, ho aperto il mio studio. All’inizio, per garantirmi un’entrata, ho accettato di insegnare economia alla scuola di Commercio che la città di Lugano gestiva in via Massagno e, nei sette anni d’insegnamento, ho imparato davvero tante cose. Poi, anno dopo anno, il lavoro è aumentato. Ho perciò abbandonato la scuola (nel frattempo passata al Cantone) concentrandomi sul lavoro e su una mia grande passione: viaggiare. Adesso, a tutto ciò, si è aggiunta la politica, ma… il viaggio continua e ora, con mio marito, a quelli aerei preferiamo gli spostamenti… terrestri, ovvero in auto visto che in questo modo anche i nostri due amici pelosi possono seguirci ovunque. C’esta la vie. N’est pas?”.


Sì, c’est la vie…

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