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Immagine del redattoreCristina Maderni

L'ex pp del Ticinogate: 'Ermani, si dimetta subito!'

La Regione, 24 agosto 2024 di Andrea Manna e Vittoria DeFeo



Il già magistrato Luciano Giudici al presidente del Tribunale penale. Il respon­sabile della commissione 'Giustizia': dov'è il plenum dei giudici d'Appello?

"Lei non sembra neppure rendersi conto del danno provocato alla Giustizia e ai cittadini ticinesi, non assumendo l'unica conclusione che perentoria­mente si impone, e cioè le dimissioni immediate". Destinatario delle severe parole: il presidente del Tpc. il Tribunale penale cantonale. Mauro Ermani. Mittente: l'avvocato e già magistrato inquirente Lu­ciano Giudici. Stavolta a sollecitare il passo indie­tro di Ermani - il giudice nella bufera per la foto dei due peni giganti di plastica, con la scritta 'Ufficio penale', che ha inviato tramite WhatsApp nel feb­braio 2023 a una segretaria del Tribunale presunta vittima di mobbing da parte di una collega - è un ex procuratore pubblico, titolare di numerose inchie­ste su fatti che hanno segnato la storia giudiziaria ticinese. Lo fa con una lettera spedita alla 'Regione' nella quale si rivolge direttamente a Ermani. Giudici è stato anche procuratore straordinario nel­l'indagine e nel processo per corruzione sfociato nel 2001 nella condanna dell'allora presidente del Tri­bunale penale cantonale Franco Verda e dell'ex com­merciante e contrabbandiere di sigarette napoleta­no Gerardo Cuomo. Era il cosiddetto Ticinogate.


'Distrutto Il rapporto di fiducia e stima tra cittadini e giudice'

Di seguito la lettera di Giudici. "Egregio signor Giudi­ce Ermani, ho visto con stupore e indignazione l'im­magine che lei ha inviato a una segretaria del Palaz­zo di giustizia pubblicata da questo giornale, l'invio di questa immagine, resa ormai pubblica distrugge irrimediabilmente il rapporto di fiducia e di stima che deve sempre esistere tra i cittadini e un giudice. Sono trascorsi ormai diversi giorni dalla pubblica­zione di questa immagine, ma lei non sembra nep­pure rendersi conto del danno provocato alla Giusti­zia e ai cittadini ticinesi, non assumendo l'unica con­clusione che perentoriamente si impone, e cioè le di­missioni immediate. Non si possono illudere i citta­dini che siano un Pp straordinario grigionese, il Con­siglio della magistratura l'incaricato governativo avv. Galliani a risolvere la questione di questa imma­gine scandalosa per la Giustizia speculando che i tempi lunghi ne attenuino la gravità. Queste proce­dure avranno il loro corso.

Un suo gesto immediato si impone.

Avv. Dr. Luciano Giudici, già Pp sopracenerino".


Dadò:'Non è più credibile, lasci'

Sulla stessa lunghezza d'onda di Giudici. il presiden­te della commissione parlamentare 'Giustizia e di­ritti' Fiorenzo Dadò, che ribadisce e rincara quanto ha dichiarato nei giorni scorsi. "Ora basta! Ermani non è più credibile. Punto. Sta mettendo in cattiva la luce, anche ridicolizzandola la magistratura - sotto­linea il granconsigliere e presidente del Centro -. Pe­raltro non è nuovo a iniziative, come questa foto ses­sista inviata a una segretaria del tribunale, a com­menti e comportamenti che non si addicono davve­ro alla carica di giudice. Per rispetto delle istituzioni lasci subito la magistratura".

Il mobbing che avrebbe subito una segretaria del Tpc da parte di una collega, poi segnalazioni, contro­segnalazioni e la denuncia dei giudici Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti nei confronti degli altri magistrati del Tribunale penale: il presidente Erma­ni. il vice Marco Villa e Amos Pagnamenta. Quadri e Verda Chiocchetti, che mesi fa avevano segnalato il presunto caso di mobbing alla Commissione ammi­nistrativa del Tribunale d'appello, di cui il Tpc fa par­te, hanno querelato i colleghi, ritenendosi lesi nell'o­nore dalla segnalazione a loro carico fatta dai tre al Consiglio della magistratura. Inoltre all'esposto tra­smesso in luglio al Ministero pubblico, i denuncianti hanno allegato il WhatsApp di Ermani. In relazione alla posizione di quest'ultimo, la Legge sull'organiz­zazione giudiziaria contempla anche la sospensione cautelare. Articolo 82: "Il Consiglio della magistratu­ra può pronunciare la sospensione cautelare nei confronti di un magistrato oggetto di procedimento penale quando le circostanze del caso lo giustifica­no". «Ma mi chiedo anche dove siano gli altri giudici del Tribunale d'appello-riprende Dadò -. Secondo me, dovrebbe essere convocato al più presto un ple­num dei giudici per discutere del caso Ermani e va­lutare l'eventuale adozione di misure organizzative di loro competenza».


Maderni: 'come cittadina sono scioccata'

«Invocata da più parti, l'autosospensione di Ermani potrebbe stemperare gli animi in attesa di chiari­menti e di un'analisi della situazione», sostiene la deputata liberale radicale e seconda vicepresidente della commissione 'Giustizia e diritti' Cristina Ma­derni. Che si dice «scioccata come cittadina da quel­la immagine», cioè il WhatsApp inviato da Ermani. E osserva: «Questo tipo di contenuti a sfondo sessuale sarebbe da bandire sia nel pubblico che nel privato e soprattutto nell'ambito lavorativo. indipendentemente dagli esiti delle varie procedure, ciò che fa più male è che quel gesto sarebbe di una persona che ri­copre un ruolo importante: quando si lavora in una certa posizione, bisogna ricordarsene e agire di con­seguenza».

'Molestie sessuali, manca consapevolezza'

Ma come viene o andrebbe gestito un simile episodio (il WhatsApp a sfondo sessuale) nel settore privato? «È una questione di cultura aziendale. Spesso una persona non si rende neanche conto che rare un commento inappropriato o mandare una fotografia del genere possa costituire una molestia sessuale. Per questo sensibilizzare è importante, perché tal­volta non se ne ha coscienza», spiega Nora Jardini Croci Torti, consulente giuridica esperta di diritto del lavoro. «La definizione di molestia sessuale secondo la Legge sulla parità dei sessi - ci spiega - è soggettiva e si basa, come dice l'articolo 4, sul concet­to di comportamento indesiderato. In altre parole, si tratta di una molestia sessuale se viene percepita co­me tale. La Legge sulla parità dei sessi prevede poi una procedura contro il datore di lavoro, quindi non contro il dipendente, collega o superiore che ha avu­to un comportamento di questo tipo». C'è poi anche l'aspetto penale. «Una molestia sessuale - illustra - può essere punibile secondo l'articolo 198 del Codice penale, ma in questo caso si aggiunge anche il con­cetto di intenzione».

Nel caso in cui un'azienda venisse sanzionata, rileva Jardini Croci Torti, «oltre agli altri danni subiti, la leg­ge prevede fino a sei mesi di indennità per la persona soggetta a una discriminazione. t:azienda a sua vol­ta può poi prendere delle misure contro il dipenden­te che ha commesso una molestia. anche un licen­zian1ento immediato a seconda del caso». Sensibilizzazione, dicevamo. «Sempre più - rimarca la consulente giuridica - la giurisprudenza pretende che vengano implementate misure di prevenzione delle molestie sessuali e del clima sessista in azien­da La Seco prevede per esempio dei regolamenti che indichino che le molestie sessuali non sono tollerate, come pure una sensibilizzazione su cosa sia una molestia sessuale». E aggiunge: «Il datore di lavoro deve anche fare in modo che questi comportamenti non accadano: sensibilizzando, prevedendo regola­menti interni e una persona di fiducia neutra alla quale possano rivolgersi le persone toccate. nonché svolgendo le opportune inchieste formali per poi sanzionare laddove necessario. Una decina di anni fa nessuno aveva regolamenti di questo tipo. Si stan­no facendo passi avanti».

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