Corriere del Ticino 29 agosto 2020
L’OPINIONE / Cristina Maderni /vicepresidente Cc-Ti e deputata PLR in Gran Consiglio
La proposta del PS di aumentare il coefficiente cantonale d’imposta, riportandolo dall’attuale 97% al 100%, ha sollevato un acceso dibattito e, giustamente, la decisa opposizione da parte di esponenti di spicco degli altri partiti.
In una situazione di crisi come quella attuale, un aumento delle imposte equivarrebbe a togliere con una mano quello che Confederazione e Cantone hanno dato con l’altra per contenere gli effetti della difficile situazione economica provocata dal coronavirus, che ha investito sia i cittadini che le aziende. Tanto più che anche i Comuni, confrontati con una forte riduzione delle entrate, saranno potenzialmente costretti a rialzare i loro moltiplicatori, con la conseguenza di un notevole aggravio fiscale che peserà soprattutto sul ceto medio e sulle attività produttive.
Altrettanto inopportuna è la proposta dei Verdi di rinviare l’entrata in vigore della riforma fiscale approvata lo scorso anno. Ciò significherebbe solo acuire ulteriormente le difficoltà e le incertezze che attanagliano le aziende ticinesi alle prese con una recessione mondiale dai tempi e dagli esiti ancora imprevedibili.
Davanti al rischio di un disavanzo di circa 300 milioni di franchi per la casse del Cantone e al timore di un possibile “dissesto finanziario”, il direttore del DFE Christian Vitta, in una recente intervista al Caffè, ha sottolineato la necessità di prevedere un percorso di riequilibrio del bilancio, auspicando anche un “confronto costruttivo” sulla proposta socialista di aumentare il moltiplicatore cantonale. Legittimo e doveroso che il Consigliere di Stato, responsabile delle finanze cantonali, tenga conto di tutte le opzioni possibili per riequilibrare i conti pubblici e che inviti ad un dialogo tra le forze politiche, senza pregiudiziali ideologiche ma con un impegno comune nell’affrontare la delicata situazione finanziaria.
Tuttavia, se c’è una cosa di cui oggi il Ticino non ha proprio bisogno è un aumento delle imposte, insostenibile socialmente ed economicamente. Né ci possiamo permettere di rinviare una riforma che è stata concepita, e approvata, per rafforzare l’attrattività fiscale del Cantone e la competitività del nostro tessuto produttivo. Per noi che insistiamo da sempre sul rigore finanziario e sul pareggio del bilancio, 300 milioni di disavanzo sono motivo di grande preoccupazione. Va, però, ricordato che questo deficit è stato provocato da una causa esogena, da una straordinaria situazione di emergenza sanitaria con un forte impatto economico e sociale, e richiede di conseguenza una strategia altrettanto straordinaria.
La soluzione non può essere, dunque, quella di aggravare il peso della crisi su cittadini e imprese. È necessario invece rilanciare e sostenere l’economia, salvaguardare i posti di lavoro e i redditi delle famiglie, pianificando allo stesso tempo un risanamento delle finanze pubbliche sul medio termine. Questo obiettivo va perseguito anche a costo di aumentare pro tempore il debito dello Stato. L’indebitamento è un veleno quando serve soltanto a finanziare le spesa corrente, è una risorsa se è finalizzato a riportare e mantenere il Ticino sui binari della crescita. Investendo sull’innovazione, sulla formazione, la ricerca, le nuove tecnologie e sulla modernizzazione delle infrastrutture pubbliche.
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