Corriere del Ticino 04 novembre 2020
L’OPINIONE / CRISTINA MADERNI / deputata PLR in Gran Consiglio e vicepresidente della Camera di commercio
Le incertezze che gravano sui conti dei cittadini, delle imprese e del Cantone impongono di intervenire su tutti i processi inefficienti, liberando risorse necessarie al sostegno della socialità e dell’economia. Dobbiamo ad esempio riflettere sul perché lo Stato chiede ai cittadini dati, atti e documenti ha già o che potrebbe ricevere da un altro servizio o ente pubblico. Perché i cittadini devono pagare delle tasse per ottenere dei documenti da presentare a enti pubblici o comunali, quando lo stato è già in possesso di questi documenti?
Per correggere queste distorsioni burocratiche che costano a noi tutti tempo, denaro e infinita pazienza, nel luglio del 2019 Fausto Rotanzi ha presentato una petizione: “Meno burocrazia non sia solo uno slogan”, con cui sollecitava il Gran Consiglio ad emanare adeguate direttive per l’Amministrazione cantonale o un’apposita legge. Invitandolo, inoltre, a valutare l’eccessiva quantità d’informazioni che lo stato richiede ai cittadini e agli enti locali nell’ambito degli abituali controlli, poiché indicativa di una totale sfiducia nei loro confronti. Con la sua più che ventennale esperienza di segretario comunale e il suo impegno in numerosi consensi pubblici e privati, Rotanzi sa benissimo quanto possa essere esasperante e costoso per la collettività l’eccesso di oneri burocratici e formalismi procedurali. Nella sua ultima seduta il parlamento ha approvato il rapporto della Commissione giustizia e diritti che, condividendo le sollecitazioni della petizione Rotanzi, ha ribadito l’urgenza di rivedere le procedure che regolano il lavoro degli uffici statali con l’intento di alleggerire le pratiche burocratiche, nel rispetto della protezione dei dati e del diritto in generale. Riguardo al delicato problema della protezione dei dati si è accortamente suggerito il ricorso a liberatorie
specifiche che, con il consenso scritto dei cittadini, autorizzino il flusso puntuale di documenti e informazioni. Evitando così eccessi burocratici, lentezza procedurale e aggravi di tasse per ottenere certificati e duplicati che sono stati già elaborati dagli uffici statali.
Il rapporto e il via libera del Gran Consiglio segnano un piccolo ma significativo passaggio verso una burocrazia più leggera. Problema particolarmente sentito in Ticino. Uno studio di Avenir Suisse ha, difatti, sottolineato la pletora di regole, limitazioni, codici e pastoie varie che ingessano il nostro cantone, frenando l’economia e l’intraprendenza sociale. Ciò nonostante, non ci si rende ancora conto del fatto che ogni nuova legge comporta un carico aggiuntivo di burocrazie.
Negli ultimi 15 anni si sono contati una ventina di atti parlamentari che, per un verso o per l’altro, avevano come bersaglio l’ipertrofia burocratica, generata da un’eccessiva densità normativa, dall’iper-regolamentazione e dalla sovrapposizione di competenze e disposizioni. Giusto un anno fa, assieme ai colleghi Michele Foletti, Sabrina Gendotti e Piero Marchesi, ho presentato un’interpellanza per eliminare i doppioni nella raccolta dati presso le imprese, in ossequio all’orientamento del Consiglio federale che ha voluto alleggerire i costo e gli obblighi di documentazione e archiviazione per le aziende. Richiesta accolta favorevolmente dal Consiglio di Stato.
Nell’attesa di riforme strutturali, bisognerebbe quantomeno adottare interventi mirati che possono subito alleviare il peso e i costi della burocrazia su cittadini e imprese. Approvando la petizione Rotanzi si è fatto un concreto passo avanti affinché “Meno burocrazia” non resti uno slogan. Necessità oggi più che mai urgente anche per attenuare il devastante impatto economico e sociale della crisi del coronavirus.
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